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Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, rappresenta un’occasione fondamentale per riflettere su una realtà che coinvolge milioni di persone. Ma attenzione: pensare alla violenza di genere come un problema limitato alle aggressioni fisiche significa ignorarne molte sfaccettature. È un fenomeno più complesso, che include dinamiche psicologiche, economiche e culturali, spesso invisibili ma altrettanto devastanti. È ora di chiamare le cose con il loro nome e di agire insieme.
La violenza nelle relazioni e nei luoghi di lavoro
Pensiamo alla violenza di genere e immaginiamo subito i numeri drammatici dei femminicidi: in Italia, nel 2024, 96 donne sono state uccise, di cui 51 per mano di partner o ex partner. Ma la violenza non è solo questo. Si nasconde anche nelle relazioni più insospettabili e nei luoghi che frequentiamo ogni giorno.
Al lavoro, per esempio, non sempre la violenza arriva da un uomo. Donne contro donne: sembra un paradosso, ma succede. Competizione malsana, mobbing, manipolazione psicologica, sabotaggi… Questi comportamenti tossici sono una forma di violenza emotiva e professionale. Un caso emblematico è quello delle donne che, anziché supportarsi a vicenda, alimentano dinamiche distruttive nei contesti lavorativi. Il risultato? Una cultura del lavoro che schiaccia, anziché valorizzare.
Ma non è finita qui. C’è anche la violenza delle parole, delle battute sessiste o delle insinuazioni. Ricordate quando Scarlett Johansson, durante la promozione di The Avengers, fu interrogata sulla sua dieta per entrare nella tuta del personaggio? Ai colleghi maschi? Solo domande sul loro processo creativo. Questo doppio standard non è un episodio leggero: è un riflesso di una mentalità radicata che svaluta le donne e le riduce alla loro immagine.
La violenza invisibile: oltre i pugni
La violenza di genere si manifesta in tanti modi sottili ma non meno dannosi. Ad esempio:
- Violenza economica: Quando una donna viene esclusa dalle decisioni finanziarie della famiglia o le si nega l’indipendenza economica.
- Violenza psicologica: Manipolazione, silenzi punitivi, svalutazione costante. Questi atteggiamenti minano la sicurezza e l’autostima di una persona.
- Violenza istituzionale: Domande inopportune come “Hai intenzione di avere figli?” durante un colloquio di lavoro, o il giudizio verso una madre che lavora.
Queste forme di abuso possono essere difficili da riconoscere, ma non meno devastanti della violenza fisica. Ecco perché è fondamentale parlarne, denunciarle e non minimizzarle.
Scelta dell’editore
Cambiare la cultura: cosa possiamo fare?
Celebrare il 25 novembre significa prendere posizione, ma non basta un post sui social o indossare un fiocco rosso. Il cambiamento deve partire da ognuno di noi, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nella società.
Ecco alcune azioni concrete che puoi fare:
- Ascolta chi denuncia: Se una persona si confida, non minimizzare la sua esperienza. Dare supporto è il primo passo.
- Intervieni: Se assisti a una situazione di abuso o sessismo, non restare in silenzio. Dire “basta” è un atto potente.
- Rifiuta i pregiudizi: Evita battute sessiste, stereotipi di genere o commenti svalutanti, anche quelli apparentemente “innocui”.
- Sostieni associazioni e campagne: Come D.i.Re – Donne in rete contro la violenza, che lavora per aiutare le vittime di abusi.
Non solo il 25 novembre: il cambiamento inizia oggi
La domanda non è più “Chi è colpevole?”, ma “Cosa possiamo fare per fermarlo?”. Non aspettiamo il prossimo anniversario per agire. Ogni giorno è un’opportunità per costruire una società più giusta e inclusiva.
Se vuoi contribuire, visita Convergenza Mentale per approfondire il tema e scoprire altre iniziative. Condividi questo articolo sui tuoi social e aiutaci a diffondere il messaggio: insieme possiamo fare la differenza.
Ricorda: il cambiamento inizia con te, con me, con tutti noi. Non lasciamo che la violenza, in nessuna delle sue forme, continui a restare impunita. Agiamo. Oggi.
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